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- Data di creazione 09/03/2025
- Ultimo aggiornamento 09/03/2025
Luis de Gongora
Luis de Góngora (1561 – 1627) è stato un religioso, poeta e drammaturgo spagnolo del Secolo d'Oro (Siglo de Oro), massimo esponente della corrente letteraria conosciuta come culteranesimo o gongorismo, che più tardi altri artisti imiteranno. Le sue opere furono oggetto di esegesi già nella sua epoca. È considerato una delle figure più importanti del Secolo d'Oro della cultura e della potenza militare spagnola, autore di versi ancora oggi studiati e di opere teatrali che hanno lasciato il segno nella cultura spagnola. Gongora non ha pubblicato le sue opere, ma queste passarono di mano in mano in copie manoscritte che si collezionarono e redigevano in cancioneros, romanceros e antologie editi con o senza il suo permesso. Per un periodo di tempo si credette che il manoscritto più autorizzato fosse il cosiddetto Manuscrito Chacón (copiato da Antonio Chacón, Señor de Polvoranca, per il Conte-Duca di Olivares), poiché contenente chiarimenti dello stesso Góngora e la cronologia di ogni poema; ma questo manoscritto, tenendo conto dell'alto personaggio al quale era destinato, prescinde dalle opere satiriche e volgari. Lo stesso anno della sua morte, tuttavia, Juan López Vicuña pubblicò Obras en verso del Homero español (opere in versi dell'Omero spagnolo) raccolta che viene considerata molto affidabile e importante nell'inquadrare il corpus gongorino; le sue attribuzioni sogliono essere sicure; anche così, fu raccolta dall'Inquisizione e poi superata da quella di Gonzalo de Hoces nel 1633. D'altra parte, le opere di Góngora, come anteriormente quelle di Juan de Mena e Garcilaso de la Vega, goderono l'onore di essere ampiamente glossate e commentate da personaggi della statura di Díaz de Rivas, Pellicer, Salcedo Coronel, Salazar Mardones, Pedro de Valencia ed altri. Sebbene nelle sue opere iniziali già incontriamo il tipico concettismo del barocco, Góngora, il cui aspetto era quello di un esteta incontentabile, rimase trasgressivo (inconforme) decidendo di tentare secondo le sue proprie parole “fare poco non per molti” e intensificare ancor più la retorica e la imitazione della poesia latina classica introducendo numerosi cultismi e una sintassi basata sull'iperbato e la simmetria; allo stesso modo era molto attento alla sonorità del verso, che curava come un autentico musicista della parola; era un grande pittore dei suoni (oídos) e riempiva epicureamente i suoi versi di sfumature sensoriali di colore, suoni e tatto. È inoltre, mediante ciò che Dámaso Alonso, uno dei suoi principali studiosi, chiamò elusioni (elusiones) e allusioni (alusiones), convertì ognuno dei suoi poemi ultimi minori e maggiori in un oscuro esercizio per menti sveglie ed erudite, come una specie di indovinello o emblema intellettuale che causa piacere nella sua decifrazione. È l'estetica barocca che si chiamò in suo onore gongorismo o, con parola che ha avuto maggior fortuna e che prese originariamente un valore dispregiativo per l'analogía con il vocabolo luteranesimo, Culteranesimo, perché i suoi avversari consideravano i poeti culterani degli autentici eretici della poesia.
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