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  • Data di creazione 25/02/2025
  • Ultimo aggiornamento 25/02/2025

VAN GOGH VINCENT

Pittore olandese, rappresenta il prototipo più famoso di artista maledetto; di artista che vive la sua breve vita tormentato da enormi angosce ed ansie esistenziali, al punto di concludere tragicamente la sua vita suicidandosi. Ed è un periodo, la fine dell’Ottocento, che vede la maggior parte degli artisti vivere una simile condizione di emarginazione ed angoscia, corrosi dall’alcol e da una vita dissipata. Gli artisti vivono in una profonda ed intensa drammaticità nei confronti non della società ma della vita stessa. Il caso di Van Gogh è uno dei più emblematici. Figlio di un pastore protestante, provò a svolgere diversi lavori fino a quando decise per la vocazione teologica. Divenne predicatore, vivendo in villaggi di minatori. Qui, prese talmente a cuore le sorti dei lavoratori, da essere considerato dalle gerarchie ecclesiastiche socialmente pericoloso. Fu quindi licenziato. Crebbe la sua crisi interiore che lo portò a vivere una vita sempre più tormentata. In questo periodo, era il 1880 e Van Gogh aveva solo 27 anni, iniziò a dipingere. La sua attività di pittore è durata solo dieci anni, essendo egli morto a 37 anni, nel 1890. Sono stati dieci anni segnati da profondi tormenti, con crisi intense intervallate da momenti di serena euforia. Il legame con il fratello Theo fu molto profondo e lo sostenne nella sua attività artistica anche da un punto di vista economico. Il periodo iniziale della sua pittura culmina nella tela «I mangiatori di patate», dipinta nel 1885. L’anno successivo si trasferì a Parigi. Qui conobbe la grande pittura degli Impressionisti, ricavandone notevoli stimoli. I colori diventano più chiari e luminosi e vengono ora stesi a rapidi e irregolari tocchi di pennello. Abbandona la tematica sociale in favore di nuovi temi, come nature morte e paesaggi dipinti en plein air. Dall’iniziale intento di rappresentare fedelmente quello che gli sta di fronte, la sua pittura diventa espressione dello stato d’animo e mezzo per liberare le proprie emozioni. Rimase due anni a Parigi, fino al 1888. A trentacinque anni, Van Gogh si stabilisce ad Arles, nel luminoso mezzogiorno francese. Nel 1889 entra nell’ospedale psichiatrico di Saint Remy de Provence, dove realizza opere come i Cipressi e Notte Stellata. L’anno successivo si trasferisce ad Auvers sur Oise, presso Parigi, dove confortato dall’amichevole appoggio del Dottor Gachet, alterna fasi di depressione e sconforto a periodi di euforia creativa. Dipinge soprattutto paesaggi e nature morte con un ritmo febbrile. Negli ultimi due anni di attività, Van Gogh raggiunge la propria maturazione artistica, fondata sulla forza sintetica del segno e sull’assoluta libertà nell’uso del colore. La pennellata si fa contorta e vorticosa, quasi rabbiosa, e il colore diventa sempre più materico. La natura è ormai trasfigurata, agitata in un turbine che riflette il terremoto interiore dell’artista. Lo spazio perde ogni correttezza prospettica e i colori vengono usati in modo arbitrario. La semplificazione delle forme, la violenza della stesura e l’uso del colore per esprimere il proprio stato d’animo anticipano i caratteri dell’Espressionismo. Il 27 Luglio 1890 Van Gogh è colto dall’ennesima crisi e si spara un colpo di pistola, lasciando circa 900 dipinti e più di mille disegni che con la loro unicità espressiva diventeranno parte integrante della nostra cultura visiva. L’attività di Van Gogh è stata breve ed intensa. I suoi quadri più famosi furono realizzati nel breve giro di quattro o cinque anni. Egli, tuttavia, in vita non ebbe alcun riconoscimento o apprezzamento per la sua attività di pittore. Solo una volta era apparso un articolo su di lui. Van Gogh nell’immaginario collettivo rappresenta l’artista moderno per eccellenza. Il pittore maledetto che identifica completamente la sua arte con la sua vita, vivendo l’una e l’altra con profonda drammaticità. L’artista che muore solo e disperato, per essere glorificato solo dopo la morte.

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